La maternità viene da Dio
di Giovanni Paolo II
Mercoledì 6 marzo 1996
[502] 1. La maternità è un dono di Dio. «Ho acquistato un uomo dal Signore» (Gn 4, 1), esclama Eva dopo aver partorito Caino, il suo primogenito. Con queste parole il libro della Genesi presenta la prima maternità della storia dell’umanità come grazia e gioia che scaturiscono dalla bontà del Creatore.
2. Analogamente viene illustrata la nascita di Isacco, all’origine del popolo eletto.
Ad Abramo, privo di discendenza e ormai avanzato negli anni, Dio promette una posterità numerosa come le stelle del cielo (cf. Gn 15,5). La promessa è accolta dal patriarca con la fede che dischiude all’uomo il disegno di Dio: «Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia» (Gn 15,6).
Tale promessa è confermata dalle parole pronunciate dal Signore in occasione del Patto stabilito con Abramo: «Eccomi: la mia alleanza è con te e sarai padre di una moltitudine di popoli» (Gn 17,4).
Eventi straordinari e misteriosi sottolineano come la maternità di Sara sia soprattutto frutto della misericordia di Dio, che dona la vita al di là di ogni umana previsione: «Io la benedirò e anche da lei ti darò un figlio; la benedirò e diventerà nazioni e re di popoli nasceranno da lei» (Gn 17,15-16).
La maternità è presentata come un dono decisivo del Signore: il patriarca e sua moglie riceveranno un nome nuovo per significare l’inattesa e meravigliosa trasformazione che Dio opererà nella loro vita.
[503] 3. La visita di tre misteriosi personaggi, nei quali i Padri della Chiesa hanno visto una prefigurazione della Trinità, annuncia in modo più concreto ad Abramo il compimento della promessa: «Il Signore apparve [ad Abramo] alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui» (Gn 18,1-2).
Abramo obietta: «Ad uno di cento anni può nascere un figlio? E Sara all’età di novanta anni potrà partorire?» (Gn 17,17; cf. 18,11-13). L’ospite divino risponde: «C’è forse qualche cosa impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio» (Gn 18,14; cf. Lc 1,37).
Il racconto sottolinea l’effetto della visita divina che rende feconda un’unione coniugale, rimasta fino a quel momento sterile. Credendo nella promessa, Abramo diviene padre contro ogni speranza, e «padre nella fede» perché dalla sua fede «discende» quella del popolo eletto.
4. La Bibbia riporta altri racconti di donne liberate dalla sterilità e allietate dal Signore col dono della maternità. Si tratta di situazioni spesso angosciose, che l’intervento di Dio trasforma in esperienze di gioia accogliendo la preghiera accorata di chi umanamente è senza speranza. Rachele, ad esempio, «vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe, divenne gelosa della sorella Lia e disse a Giacobbe: “Dammi dei figli, se no io muoio!”. Giacobbe s’irritò contro di lei e disse: “Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?”» (Gn 30,1-2).
Ma il testo biblico aggiunge subito che «Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la rese feconda. Essa concepì e partorì un figlio» (Gn 30,22-23). Questo figlio, Giuseppe, svolgerà un ruolo molto importante per Israele al momento della trasmigrazione in Egitto.
In questo come in altri racconti, sottolineando la condizione di sterilità iniziale della donna, la Bibbia intende porre in risalto il carattere [504] meraviglioso dell’intervento divino in questi casi particolari, ma lascia al tempo stesso intendere la dimensione di gratuità insita in ogni maternità.
5. Analogo procedimento troviamo nel racconto della nascita di Sansone. La moglie di Manoach, che non aveva mai potuto generare figli, riceve l’annuncio dall’angelo dei Signore: «Ecco, tu sei sterile e non hai avuto figli, ma concepirai e partorirai un figlio» (Gdc 13,3). Il concepimento, inatteso e prodigioso, annuncia le grandi cose che il Signore compirà per mezzo di Sansone.
Nel caso di Anna, la madre di Sarnuele, viene sottolineato il ruolo particolare della preghiera. Anna vive l’umiliazione della sterilità, ma è animata da una grande fiducia in Dio, al quale si rivolge con insistenza perché l’aiuti a superare quella prova. Un giorno, recatasi al Tempio, esprime un voto: «Signore degli eserciti,… se non dimenticherai la tua schiava e darai alla tua schiava un figlio maschio, io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita…» (1Sam 1,11).
La sua preghiera venne esaudita: «Il Signore si ricordò di lei», che «concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele» (1Sam 1,19-20).
Adempiendo il suo voto, Anna offrì suo figlio al Signore: «Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho chiesto. Perciò anch’io lo do in cambio al Signore: per tutti i giorni della sua vita egli è ceduto al Signore» (1Sam 1,27-28). Dato da Dio ad Anna e poi dato da Anna a Dio, il piccolo Sarnuele diventa un legame vivo di comunione tra Anna e Dio.
La nascita di Samuele è quindi esperienza di gioia e occasione di rendimento di grazie. Il primo Libro di Sarnuele riporta un inno, detto il «Magnificat» di Anna, che sembra anticipare quello di Maria: «Il mio cuore esulta nel Signore, la mia fronte s’innalza grazie al mio Dio…» (1Sam 2,1).
La grazia della maternità concessa ad Anna da Dio per la sua incessante preghiera, provoca in lei nuova generosità. La consacrazione [505] di Samuele è la risposta riconoscente di una madre che, ravvisando nel suo bambino il frutto della misericordia divina, ricambia il dono affidando quel figlio tanto atteso al Signore.
6. Nel racconto delle matemità straordinarie che abbiamo rievocato è facile scoprire il posto importante che la Bibbia assegna alle madri nella missione dei figli. Nel caso di Samuele, Anna svolge un ruolo determinante con la decisione di donarlo al Signore. Una funzione ugualmente decisiva è svolta da un’altra madre, Rebecca, che procura l’eredità a Giacobbe (Gn 27). In quell’intervento materno, descritto dalla Bibbia, si può leggere il segno di una elezione a strumento del disegno sovrano di Dio.
È Lui che sceglie il figlio più giovane, Giacobbe, come portatore della benedizione e dell’eredità paterna, e quindi come pastore e guida del suo popolo. È Lui che con decisione gratuita e sapiente fissa e regge il destino di ogni uomo (Sap 10,10-12).
Il messaggio della Bibbia sulla maternità rivela aspetti importanti e sempre attuali: ne mette in luce, infatti, la dimensione di gratuità, che si manifesta soprattutto nel caso delle sterili, la particolare alleanza di Dio con la donna e il legame speciale fra il destino della madre e quello del figlio.
Al tempo stesso, l’intervento di Dio che, in momenti importanti della storia del suo popolo, rende feconde alcune donne sterili, prepara la fede nell’intervento di Dio che, nella pienezza dei tempi, renderà feconda una Vergine per l’incarnazione del suo Figlio.