Maria — Ricordo ancora quel giorno come se fosse ieri. Tutto avvenne di pomeriggio, nelle prime ore del pomeriggio, le ore più calde. Il villaggio era silenzioso, si udiva solo il canto dei grilli e l’abbaiare di qualche cane pastore in lontananza, nei campii. La gente cercava un po’ di fresco nelle stanze più interne delle case e aspettava che il sole mitigasse un po’ i suoi raggi.
Mi piacevano quelle ore, portavano pace e silenzio avvolti in luce calda e luminosa.
Ero sola in casa e stavo rammendando una vecchia tunica di mio padre. L’ago scorreva veloce dentro e fuori il tessuto. Ero brava nel rammendo io. Ma più veloce dell’ago scorrevano le parole dal mio cuore in preghiera alle mie labbra: “O Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora ti cerco, ha sete di te l’anima mia … Poiché il tuo amore vale più della vita, le mie labbra canteranno la tua lode … A te si stringe l’anima mia …”
All’improvviso il canto dei grilli cessò. La luce del sole si fece più intensa. Alzai lo sguardo. E lo vidi. Lui era lì, davanti a me, avvolto di una luce così abbagliante che a stento potevo vedere il suo volto. Ma la voce la udii benissimo e le sue parole mi arrivarono al cuore come un’onda che avanza tranquilla: “Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te”.
Non mi spaventai. L’ago non mi cadde dalle mani ma sul mio volto apparve stupore. Sapevo che Dio, lungo i secoli, aveva parlato al mio popolo attraverso i suoi messaggeri, ma certamente non mi aspettavo che un angelo del Signore apparisse proprio a me, semplice ragazza di Nazaret.
L’angelo deve aver letto i pensieri del mio cuore perché mi disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Lo Spirito Santo scenderà su di te e tu concepirai un figlio. Lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo. Nulla è impossibile a Dio.”
E io? Cosa avrei potuto dire? Non riuscivo a staccare gli occhi da quella visione e il cuore da quelle parole … “rallegrati…non temere…concepirai…Figlio dell’Altissimo…”
Capii in quel momento che Dio mi stava chiedendo piena disponibilità per realizzare qualcosa di grande non per me, ma per tutti. E allora risposi: “Ecco la serva del Signore: avvenga di me secondo la tua parola”.
E lui se ne andò. Il canto dei grilli ricominciò. Il sole continuò a scaldare l’aria. Io ripresi a far scorrere l’ago nella vecchia tunica. Tutto pareva come prima ma nulla era più come prima. Dio stava per nascere tra noi!
Santa Maria, Madre di Dio, aiutaci a dire sì al bene
Maria — Certo che anche la storia di mia cugina Elisabetta aveva dell’incredibile: lei, già avanti negli anni , aspettava un figlio! E l’angelo era stato chiaro: “Nulla è impossibile a Dio”. Ed era proprio così. Non potevo più aspettare, dovevo andare da Elisabetta perché anche lei era stata coinvolta nel grande progetto di Dio. E forse aveva bisogno del mio aiuto.
Così mi misi in viaggio e andai da lei, anzi, corsi da lei! Era tale il desiderio che avevo di vederla che sembrava che i miei piedi avessero le ali. Attraversai villaggi, salii e discesi colline. Non sentivo la fatica. Ero troppo felice per sentire la stanchezza. E così arrivai.
La casa di Elisabetta e di suo marito Zaccaria era dall’altra parte rispetto all’ingresso del villaggio. Dovetti attraversare il mercato e farmi largo tra le bancarelle. Ricordo che una donna mi fermò, voleva vendermi delle olive. Erano belle, verdi e rotonde. Ma non era quello il momento adatto. Così sorrisi e continuai a camminare veloce tra la gente. Ancora una via ed ecco la casa. Ci sono alcune donne nel cortile e riconosco tra loro Elisabetta. Anche lei mi vede e mi riconosce. Si alza e mi corre incontro. Ci abbracciamo! Che gioia rivederci! La saluto e a quel punto succede qualcosa d’incredibile. Elisabetta si ferma, mi guarda e si inginocchia davanti a me. Io sono confusa. Cerco di rialzarla, lei è più anziana di me, aspetta un bambino, è già al sesto mese.
E allora lei mi dice: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi il mio bambino ha fatto una capriola di gioia nel mio grembo”.
Santa Maria, Madre di Dio,
rendici capaci di aiutare chi ha bisogno di noi
Maria — I nove mesi stavano per finire e si avvicinava il tempo del parto. Per tutti quei mesi ho provato ad immaginarmi il suo volto. Come sarebbe stato il mio bambino? Avrebbe avuto i miei occhi? E i suoi capelli sarebbero stati del colore dei datteri maturi come i miei? Aspettavo con ansia il giorno in cui, finalmente, l’avrei visto e avrei potuto stringerlo fra le mie braccia e riempirlo di baci. Avevo già preparato tutto nella nostra semplice casa di Nazaret. E, invece, una notizia venne a scombussolare i nostri piani. L’imperatore Cesare Augusto voleva misurare la grandezza del suo regno. Voleva misurare la sua grandezza per mostrare al monde intero la potenza di Roma. Povero sciocco! Voleva contare il numero dei suoi sudditi come se la grandezza di un uomo dipendesse dal numero delle persone che lo riveriscono! Illuso! Ciò che fa grande un uomo non sta fuori di lui ma dentro di lui, nel suo cuore! Comunque, a causa della vanità di Augusto, tutti dovevano andare a registrarsi nel proprio paese di origine. E così, Giuseppe ed io dovemmo partire per Betlemme proprio quando mancavano pochi giorni al parto. Il viaggio fu lungo e faticoso anche se Giuseppe usò per me mille riguardi. Ma io ero forte. La mia forza veniva da quel bambino che cresceva e scalpitava in me. Da quel bambino che mi era stato affidato in dono da Dio. Da quel bambino che era il Figlio di Dio.
Arrivammo a Betlemme ma non riuscimmo a trovare neppure una stanza per noi tanta era la gente che affollava la città per il censimento. Dovevamo assolutamente trovare un posto. Io stavo per dare alla luce il mio bambino.
Una donna ci osservava silenziosa. L’avevo notata da un po’. Ferma dall’altra parte della strada era intenta ad aggiustare una cesta e scuoteva la testa ogni volta che Giuseppe tornava per dirmi che, ancora, non aveva trovato un posto per noi. Ecco che ad un certo punto si avvicina. Forse mossa a pietà per la nostra situazione ci offre la possibilità di usare la sua vecchia stalla, appena fuori città.
Dio benedica la generosità di quella donna! Ci andiamo riconoscenti. E’ una stalla, non è un palazzo e neppure una casa. Ma non importa, sarà lui, il mio re, il mio bambino a trasformare questo riparo in una splendida dimora.
E così si compirono i giorni per me e il mio bambino venne alla luce avvolto dal silenzio della notte, dalla morbidezza della paglia di una mangiatoia e dal calore del mio cuore. Ora era qui, tra le mie braccia. E io tenevo fra le braccia il figlio di Dio! Ma capii subito che quel bambino non era solo per me. Ebbi, infatti, solo il tempo di scaldarlo contro il mio corpo quando udii fuori dalla stalla voci di uomini e di donne. Cosa stava succedendo? Chi poteva sapere della nostra presenza lì?Giuseppe aprii delicatamente la porta e lasciò che un gruppo di pastori entrasse. Vedendoci uno di loro disse: “Ecco il bambino avvolto in fasce in una mangiatoia come ci avevano annunciato gli angeli! Ecco il salvatore che oggi è nato per noi!”.
Aiutaci, Maria a riconoscere che Dio è presente nelle piccole cose di ogni giorno, nelle persone che incontriamo, nei gesti di bene che compiamo.
Maria — “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”. Così avevano annunciato gli angeli ai pastori la notte in cui Gesù era nato. Pace! Il mio bambino avrebbe portato la pace. Il Figlio di Dio era venuto a portare la pace tra gli uomini. E io, sua madre, avrei vissuto quella pace accanto a Lui.
E invece non era così. Quell’illusione di una vita di pace svanì pochi giorni dopo la nascita di Gesù, quando lo portammo al Tempio per la presentazione, secondo la Legge di Mosè. Sono passati tanti anni da quel giorno ma il ricordo è ancora vivo nella mia memoria. Io tenevo in braccio Gesù, orgogliosa come può esserlo una madre che si reca davanti a Dio a presentare il proprio figlio. Giuseppe camminava al nostro fianco, protettivo come sempre. Fu lui a porgere il bambino per la presentazione e a offrire le due giovani colombe per la purificazione, così come vuole la Legge. Eravamo una coppia come tante. Saremmo passati inosservati e avremmo ricordato quel giorno come uno dei tanti giorni belli che scandiscono la vita dei genitori se non fosse stato per quell’incontro e quelle parole che arrivarono al mio cuore di madre come una spada tagliente.
Stavamo per uscire dal tempio quando vidi un vecchio farsi largo tra la folla e cercare qualcuno con lo sguardo. Lo notai perché i suoi occhi parevano correre sui volti delle persone come alla ricerca di qualcuno, qualcuno che aveva atteso per tanto tempo e che ora, ne era sicuro, avrebbe trovato. Quando il suo sguardo si posò su di me, istintivamente coprii Gesù e lo strinsi ancora più forte a me. Ma il vecchio l’aveva visto. L’aveva riconosciuto. Venne avanti. Prese Gesù tra le braccia, lo alzò verso il cielo e disse: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”. Poi mi guardò. Notai compassione nei suoi occhi. Mi disse: “Egli è qui per la rovina e la resurrezione di molti in Israele …E anche a te una spada trafiggerà l’anima.” Capii la verità di quelle parole molti anni dopo, quando vidi il mio Gesù, il Figlio di Dio, inchiodato ad una croce.
Santa Maria, Madre di Dio, ti preghiamo per tutte le persone che soffrono
Maria — Giuseppe ed io eravamo felici a Nazaret. Gesù cresceva e riempiva la nostra casa con la sua presenza gioiosa, le sue risate e i suoi giochi. Giuseppe era fiero di lui, se lo portava alla bottega e gli insegnava con pazienza l’arte della falegnameria. Non potevamo desiderare di più. Gesù era un bambino buono, sempre disponibile. Si era fatto tanti amici al villaggio. Era bravissimo nell’organizzare giochi, sempre pronto a correre nei campi e ad arrampicarsi sugli alberi. Io gli facevo mille raccomandazioni, come tutte le mamme, ma lui mi rispondeva che non dovevo preoccuparmi.
Una cosa, però, mi preoccupava: spesso, anche nel mezzo dei giochi, vedevo che si fermava e il suo sguardo pareva perso in pensieri profondi, pareva andare lontano, in posti a noi inaccessibili. Leggevo nei suoi occhi nostalgia. Nostalgia di cosa? Del cielo? Forse. Tante volte avrei voluto chiedergli: “Cosa pensi, Gesù?” ma non ho mai avuto il coraggio. Quello sguardo faceva nascere in me un senso di timore e di rispetto per una dimensione che, forse, era troppo alta per essere compresa.
E poi avvenne quel fatto inspiegabile. Ogni anno Giuseppe ed io andavamo a Gerusalemme per le feste di Pasqua. Quell’anno, però, portammo con noi anche Gesù perché aveva già compiuto i 12 anni. Gerusalemme era affollatissima e Gesù rimase affascinato dalla grandiosità del tempio. Passati i giorni delle feste ci unimmo alla carovana diretta in Galilea per tornare a casa. Gesù non era con noi al momento della partenza ma io pensai che fosse comunque nel gruppo dei pellegrini, con i suoi amici. Facemmo un giorno di cammino. Dovevamo sistemarci per la notte, così Giuseppe andò a cercarlo ma non lo trovò. Nessuno aveva visto il nostro Gesù. Non era nella carovana. Non era possibile! Gesù era sempre stato un bambino obbediente. Doveva essergli successo qualcosa. Giuseppe ed io tornammo a Gerusalemme camminando tutta la notte. Il mio cuore batteva all’impazzata: dove era finito il mio bambino? Cosa gli era successo? Arrivammo in città all’alba. Le vie erano già piene di gente che andava e veniva. Trovandomi nuovamente in mezzo alla folla mi mancò il respiro: come avremmo potuto trovare un bambino tra tanta gente? Nessuno lo conosceva. Nessuno poteva aiutarci. Giuseppe ed io lo cercammo disperatamente per tre giorni passando e ripassando ogni piazza e ogni angolo della città. Nulla. Gesù non si trovava. Mentre correvo per le strade mi sembrava di vedere Gesù in ogni bambino che incontravo. Ma non era così. Il mio cuore stava per impazzire: “Dio mio — pregavo — che senso ha tutto questo? Dov’è mio figlio? Dov’è il Tuo Figlio?”
E, finalmente, lo trovammo. Dio sia Lodato! Era nel Tempio. Lui era là, in piedi. Circondato dai dottori della Legge. Parlava e interrogava i sapienti con una serietà e una profondità che non ti saresti mai aspettato da una così giovane età. E tutti erano stupiti della sua intelligenza. Dovetti trattenermi. Avrei voluto andare lì e abbracciarlo e sgridarlo per i giorni di angoscia che ci aveva fatto passare. Ma aspettai. Quando ebbe finito di parlare lo chiamai e gli dissi: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo”. A quel punto mi aspettavo delle scuse. Mi aspettavo che si vergognasse di aver fatto una cosa tanto sciocca. E invece sul suo volto apparve prima stupore e poi un sorriso. Gli sciocchi eravamo noi a non aver capito. “Perché mi cercavate? — disse — Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”
Santa Maria, Madre di Dio, aiutaci a scegliere ciò che è veramente importante. Insegnaci, Maria, a credere, a sperare e ad amare con te.
Indicaci la via che conduce alla pace, la via verso il regno di Gesù. Tu, Stella della speranza, brilla su di noi e guidaci nelle vicende
di ogni giorno, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen